venerdì 8 ottobre 2010

Riflessione personale - universale

Spesso ho scritto poesie sentimentali. D’altronde l’essere romantico è una caratteristica che dovrebbero scrivere sulla mia carta d’identità. Non so se è bene essere così. Di sicuro si soffre molto di più. Ma questo importa relativamente. Le sofferenze fanno pure bene, fanno crescere.
Un animo romantico, impulsivo come il mio, però, può anche far soffrire e creare difficoltà. Ci si sente quasi insicuri. Come se fosse la prima volta. Perché in questa dimensione indefinibile chiamata “Amore” decantata da poeti, scienziati, artisti, cineasti, ma che nessuno sa definire, io mi sento un ragazzino. Come se fossi sperduto in un bosco bellissimo ma troppo grande. Senza sentieri, senza remi. Forse con un’unica certezza: la paura della grandezza e della forza del mio animo…
Quando si incontrano poi, persone davvero speciali, che ti fanno crescere, che ti fanno pensare “Cazzo, quanto può essere bella la vita!!”, beh poi ci si sente in colpa.
L’amore può essere vissuto in vari modi. Non sempre un carattere come il mio può essere capace di interpretarlo nella migliore maniera. E più si va avanti, più ci si rende conto che si dovrebbe crescere, imparare dai propri sbagli. Ma, appunto, quando hai di fronte persone come tutte le altre, la cosa non ti colpisce. Quando, invece, si incontrano persone uniche, beh, verrebbe quasi voglia di cambiare la propria identità per poter dire: “se questo mio io non ti fa essere felice, allora fammi imparare da te qualcosa, dal tuo essere diversa da me, dal tuo essere più matura di me, dal tuo restarmi comunque amica”

IL RISCATTO

Hanno cercato di fabbricare il mio volto,
facendo accordi con l’astuzia del tempo.
Hanno pensato di creare la mia identità,
orchestrando input tecnologici e sociali.
Hanno provato a forgiare i miei sogni,
fornendo modelli e tappe come mete.
Hanno creduto di riuscire a fabbricarti,
in corpi vuoti, ignoti ed irraggiungibili.
Hanno ritenuto che l’emozione più vera
potesse essere riprodotta su uno schermo.
Poi ho visto il tuo volto ed i tuoi occhi,
e non ho più avuto bisogno di specchi.

L'AMICIZIA DI UNA STELLINA

Ogni sera, prima di andare a dormire,
veniva a trovarmi sempre una stellina
talmente luminosa da farmi abbagliare.
“Perché vieni da me?” Le chiedevo io.
“Per farti capire che luce nel mondo,
ancora c’è”. Alchè io replicavo:
“Posso raccontarti la mia favola?”
E lei ascoltava senza fiatare e capiva
che la mia anima doveva risvegliarsi.
Le dicevo “Sai, ho bisogno di una via,
per imparare ad essere un domatore
di questo cuore che non accetta ragione”
Mi diceva: “Impara da me a stare qui,
ho sofferto tanto anch’io in passato
la mia esperienza può farti capire”.
Il mio cuore diveniva tanto colmo,
ma la sua misura bruciava le tappe
e la mia mente perdeva la solita guerra.
“Abbiamo solo sbagliato il tempo,
il tempo della nostra venuta al mondo”
e, pronunciate queste parole, è andata via.
Mi diceva “Posso rimanerti accanto se vuoi”
Ma io, accecato, non ho capito la lezione:
il mio animo non credeva di esserne capace,
e l’ha portata sempre sempre più lontana da me.
Ora ogni sera mi domando dove si trovi,
e mi ripeto che sono io ad averla allontanata
poiché non sono riuscito a liberarmi da me stesso.
Ogni sera penso a quanto fossi privilegiato,
e che lotterò per essere nemico di me stesso
in modo da riavere l’amicizia di una stellina.